Devo confessare che ero un po’ incerta su quali progetti scegliere per un tema veramente ampio, soprattutto perché ci sono in giro davvero tante ma tante iniziative interessanti. Anche a livello locale e nazionale le aspiranti imprenditrici ricevono un supporto sempre più evidente da parte delle istituzioni, e nel mio libro Donne che innovano ho trattato questo tema andando a vedere cosa succede nei vari paesi europei. Perché se è vero che ci sono sempre più fondi dedicati, è altresì vero che il numero di startup female founded, la quantità di finanziamenti ricevuti e in modo ancora più evidente il numero di quelle che accedono a un secondo round di #investimento sono veramente ma veramente esigue. Se volete approfondire, vi rimando qui.
Tuto ciò per dire, molto semplicemente, che le donne stanno ancora raccogliendo le briciole sul tavolo... In Europa quindi l’imperativo dovrebbe essere: non ti accontentare di ciò che ti offrono, accetta solo quello che meriti!
Mi piace mettere in luce come alcune donne riescano comunque a trasformare quelle briciole in veri e propri pasti, utilizzandole per dar vita a progetti in paesi sotto-sviluppati dove poche migliaia di euro fanno una differenza enorme.
Perché finanziare le donne è così importante? Una ragione è umanitaria, l’altra estremamente pratica: le #donne sono più vulnerabili, e allo stesso tempo, forse per quello o perché abituate a prendersi cura di altro rispetto a sé, sono più affidabili, anche finanziariamente. Non lo dico io, lo dicono i numeri che potete trovare qui con riferimento alla situazione indiana.
Di seguito quindi vi racconto tre aggregatori di progetti:
- creati da donne
- rivolti a donne svantaggiate
- con vocazione imprenditoriale.
Buona lettura!
Partiamo da un’idea che mi piace già dal titolo. La roccia dà solidità al fiore. La #finanza rende concreta l’ambizione all’autonomia.
Leggiamo sul sito di Rockflower che “le donne imprenditrici, innovatrici, e leader delle loro comunità sono estremamente sotto-finanziate nello sviluppo delle loro soluzioni. Rockflower è disegnato come un giardiniere che lavora per connettere chi lavora all’interno delle Five Keys con una piattaforma, dando accesso a fondi, esperienza, tecniche comprovate e risorse condivise.”
Siamo di fronte a un #ecosistema fatto di denaro, esperienza e organizzazioni sul territorio. Ogni membro dei comitati di governance viene presentato in un’apposita sezione, così come le associazioni partner che si occupano di gestire direttamente i progetti. Il principio di idealismo radicale e al contempo pragmatico traspare in modo evidente nel layout sobrio e nella comunicazione trasparente di figure e progetti.
Il sito sembra studiato da un giornalista della vecchia guardia; si suddivide secondo le regole delle 5 W, che tradotte in italiano diventano: perché, chi, cosa, come. Quale manca? Il dove è trasversale, e si ricava già dalla home page, dove leggo che Rockflower è un “fondo filantropico mondiale in gradi di connettere e catalizzare i finanziamenti verso iniziative locali nelle #economie emergenti, con l’obiettivo di migliorare ed elevare le vite di donne e ragazze”.
I progetti finanziati si suddividono in cinque categorie, quelle che vengono definite le Five Keys, ossia: pace e sicurezza, maternità e salute riproduttiva, accesso a cibo e acqua, istruzione ed empowerment economico.
Rockflower esiste da 13 anni, inizialmente per portare aiuto contingente durante la crisi umanitaria del Darfur. Nel tempo si è poi capita l’importanza di progetti a lungo termine, primi tra tutti quelli rivolti all’istruzione delle ragazze e all’imprenditorialità femminile.
Se sbirciate sul sito troverete molti progetti interessanti, e magari vi verrà voglia di contribuire, come ne è venuta a me avvicinandomi a queste storie. Chiudo la storia con le parole, non tradotte, di Tine Ward, la CEO e fondatrice del progetto:
“Over the last few decades during my travels to war zones and natural disasters, I have seen women overcoming the most impossible odds to find the grit and inner resolve needed to get things done. Often, this is because as mothers and providers, they discover innovative solutions to protect, educate and care for their children.
We need a new economic paradigm, one based on the Logic of Mothering. You do not necessarily need to be a woman or a mother to appreciate the basic tenets of this: to nurture and respect, to share abundantly with compassion and empathy and perhaps most importantly to take a nuanced approach to risk and reward”.
2. CO-WE
Co-we è la prima organizzazione in India a supporto delle donne imprenditrici. Fondata nel 2004 da 6 donne provenienti da ambiti differenti e che si definiscono quali “imprenditrici di prima generazione”, l’associazione mira a formare, consigliare e abilitare le imprenditrici e aspiranti tali. Le iniziative si concentrano sulla formazione, con corsi, seminari e opportunità di fare networking, partecipare a fiere e ad eventi dal vivo.
In 18 anni di attività, l’associazione no-profit si è stabilita come realtà leader sul territorio indiano, con 140 programmi di sviluppo e formazione imprenditoriali, 40 tra fiere ed eventi e una rete di oltre 100.000 donne che sono entrate in contatto con questa realtà.
Se pensate all’imprenditoria femminile indiana in termini basilari, magari perfino con un tocco di romanticismo alla Yunnus (che non è indiano), ebbene vi sbagliate di grosso. Il corso “fondamenti di business” è solo uno dei tanti offerti. Lo affiancano proposte specifiche e altamente tecniche, così come il network abbonda di professioniste in carriera. Si fa economia, ma si fa anche politica, e il capitolo “programmi governativi e awereness building” lo testimoniano.
L’India mi porta un esempio diverso di pragmatismo. Vedo donne pronte a combattere contro una società ancora fortemente sessista. Sono in quella fase intermedia che ben riflette l’economia indiana e mi riportano alla mente dei video educativi che avevo visto diversi anni fa su #Youtube, quando mi interessavo di capire come i video e l’internet sui telefonini potessero svolgere una funzione sociale. In questo caso si trattava di donne che mettevano in scena nell’aula di un tribunale un finto processo a tutela delle donne, di cui ricordo la frase cult “una donna con il ciclo non è impura”. Forse farà sorridere, eppure credo sia attuale anche qui, seppure con parole diverse.
3. Women4women
Se provate a cercare su internet “women + women” troverete una miriade di progetti a supporto delle donne... Solo per citarne alcuni, io mi sono imbattuta in women2women, woman2woman, womentowomen, e così via dicendo. Così ho dovuto faticare un po’ per ritrovare un progetto che già conoscevo, Women4women, e a cui tengo particolarmente perché la fondatrice, la professoressa Josette Dijkhuizen, mi ha onorata scrivendo l’introduzione al mio libro. E l’onore è stato duplice perché non solo si è prestata a scrivere diverse pagine in pochi giorni, ma soprattutto perché ha letto le interviste, le ha commentate con parole ponderate e davvero generose.
Ma non ho scelto women4women solo per ricambiare una gentilezza. Si tratta di un programma che va ben oltre lo spirito “charity” e trasporta le skill imprenditoriali attraverso il Mediterraneo fino al nord Africa e al medio oriente. Certo, le storie che colpiscono di più tendono ad essere quelle più eclatanti, dove la differenza tra il prima e il dopo è strabiliante, e la situazione socio-economica del nord Africa non risplende sotto i riflettori delle iniziative di charity internazionale. Ma i grandi investitori sanno bene che le fortune si creano nel tempo e sull’interesse composto. Il 2% maturato ogni mese diventa così il 27% dopo un anno, e il 328% in cinque anni. E Josette sa che lo stesso vale per le reti e le relazioni.
Women4women offre un programma di scambio e mentoring tra donne imprenditrici olandesi, nord africane e mediorientali basato sulla condivisione di storie, esperienze e contatti, con l’idea che la crescita sia frutto dell’incontro, dello scambio sul piano umano ancor prima che professionale.
E proprio per andare oltre la dimensione imprenditoriale, alla radice di quello che è il business, ossia uno scambio – non meramente di utilità – tra persone, chiudo con le parole del sito:
“Women entrepreneurs still face many barriers, such as lack of access to capital and markets, social and cultural restrictions, and unequal share of family responsibilities. Helping each other means better business, more personal and business connections, increasing mutual understanding and intercultural exchange.”
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